Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi anni si è assistito in Europa e in Italia a un miglioramento progressivo della qualità e della sicurezza nella produzione e nella commercializzazione dei prodotti tessili italiani. L'eliminazione delle barriere doganali pone, però, nuovi rischi dovuti all'immissione in commercio di prodotti tessili il cui processo di produzione è fuori controllo in quanto spesso utilizza prodotti e processi non più consentiti in Europa.
      Tali nuovi scenari possono determinare una maggiore esposizione dei consumatori a rischi per la salute. La pelle è la parte più esposta del corpo all'aggressione di sostanze pericolose, che portano a un aumento delle dermatiti allergiche e irritative da contatto in una popolazione, come quella italiana ed europea, dove si sta verificando un aumento delle patologie dermatologiche soprattutto nelle classi di età più giovani. Il tema dei rischi collegati all'esposizione della pelle a sostanze irritanti, nocive e sensibilizzanti presenti nell'abbigliamento deve essere affrontato.
      I capi di abbigliamento e gli accessori sono tra le cause più frequenti di dermatiti irritative (DIC) e allergiche (DAC) da contatto, e possono contenere sostanze irritanti, tossiche e cancerogene vietate dalla normativa europea e italiana. Le dermatiti da abiti sono generalmente attribuite ai prodotti chimici e coloranti aggiunti, in maniera non corretta, alle fibre durante la loro manifattura e assemblaggio in indumenti. In particolare, agenti responsabili sono le finiture, i coloranti, i metalli, la gomma e le colle. Anche i candeggianti ottici, i biocidi, i ritardanti di fiamma e altri agenti sono occasionalmente riconosciuti come sostanze scatenanti. Studi di prevalenza sono stati effettuati solo nella popolazione che afferisce agli ambulatori dermatologici, per cui

 

Pag. 2

non si conosce la reale dimensione del problema. Numerose ricerche a livello internazionale hanno permesso di creare dei modelli per la valutazione dei rischi legati alla esposizione della cute a sostanze tossiche e cancerogene. In base a tali studi sono state emanate numerose leggi di tipo precauzionale in continua evoluzione. Oltre all'Italia, diversi Paesi europei hanno recepito la direttiva 2002/61/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, che vieta la presenza nel prodotto finale dei coloranti azoici in grado di liberare ventidue amine aromatiche considerate cancerogene. Il quadro legislativo italiano è in continua e veloce evoluzione e si citano in particolare:

          a) il decreto del Ministro della salute 10 gennaio 2002, recante «Modificazioni della direttiva 76/769/CEE relativa all'immissione sul mercato e all'uso di talune sostanze e preparati pericolosi», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 3 aprile 2002;

          b) il decreto del Ministro della salute 12 marzo 2003, recante «Recepimento della direttiva 2002/61, recante diciannovesima modifica alla direttiva 76/769/CEE del 27 luglio 1976 del Consiglio, relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi: coloranti azoici», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2003;

          c) il decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, recante «Attuazione delle direttive 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi»;

          d) il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 172, recante «Attuazione della direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti», che ha modificato le norme sulla responsabilità nella immissione nel mercato delle sostanze pericolose;

          e) il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante il codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

      In particolare il citato decreto legislativo n. 206 del 2005 intende garantire che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri; all'articolo 107 si afferma che le amministrazioni (allora i Ministeri delle attività produttive, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e trasporti, nonché le amministrazioni pubbliche competenti per materia, secondo le rispettive competenze) devono controllare che i prodotti immessi sul mercato sono sicuri.
      Dal 1997 al 2003 il fatturato dei prodotti tessili importati dai Paesi extracomunitari è passato da 3.000 milioni di euro a più di 5.000, e si prevede nei prossimi anni un aumento di un ulteriore 11 per cento dopo l'eliminazione dei contingenti per l'importazione, avvenuta nel gennaio 2005.
      Tali dati evidenziano scenari di rischio per la salute legati alla immissione di grandi quantità di prodotti tessili importati da Paesi nei quali sono minori le restrizioni normative e quindi il controllo sulla sicurezza dei lavoratori, dell'ambiente, del prodotto finale e di conseguenza dei consumatori. Non essendovi studi di prevalenza delle patologie dermatologiche sulla popolazione generale, si possono ricavare alcuni dati dagli studi di incidenza effettuati a livello nazionale dalle società scientifiche dei dermatologi. Da importanti studi sull'incidenza di dermopatologie sulla popolazione generale emerge che il 30-55 per cento della popolazione ha un problema cutaneo e di questi il 18-27 per cento ha un problema cutaneo serio che necessita di cure mediche. Tra queste patologie sono in aumento le dermatiti eczematose che riguardano 1/3 delle patologie cutanee. Tra gli eczemi, la dermatite da contatto è tra le patologie più frequenti. In base a questi dati si può ipotizzare che in Italia siano almeno 4 milioni le persone che hanno problemi cutanei seri, tali da avere bisogno di cure mediche, e un terzo di queste, almeno 1.500.000 persone, soffre di dermatite eczematosa. Queste ultime rappresentano sia il campione soggetto agli studi di prevalenza

 

Pag. 3

delle DAC o DIC per i patch test (serie della Società italiana di dermatologia allergologica, professionale ed ambientale per i tessili), effettuati negli ambulatori dermatologici, sia il gruppo di popolazione esposto a maggiore rischio di sensibilizzazione o di assorbimento di sostanze pericolose presenti nei prodotti tessili. Inoltre, viste le prevalenze in Italia delle dermatiti allergiche da contatto segnalate dai dermatologi (intorno al 4 per cento), si può ipotizzare che la popolazione italiana con dermatite da contatto accertata per le sostanze presenti nei tessuti sia allo stato attuale di 60.000 persone.
      Le predette preoccupazioni sono rafforzate dalla assenza in Italia di una rete di laboratori specializzati nel settore tessile in grado di standardizzare tra loro le metodiche di laboratorio per identificare le sostanze vietate e per controllare i parametri previsti dalle normative vigenti in Europa. Mancano inoltre un soggetto deputato al controllo specifico della sicurezza del prodotto tessile, un osservatorio dermatologico nazionale in grado di valutare costantemente gli effetti sulla pelle dei prodotti tessili e un organismo deputato al confronto sia sulle problematiche che sulle possibili soluzioni. Infine, quanto all'etichettatura, sono carenti le informazioni utili ai consumatori che l'etichetta dovrebbe contenere.
      Si pone quindi il problema, viste le normative cogenti vigenti in Italia e in Europa, di istituire strumenti tecnici e organizzativi adeguati per certificare la sicurezza e la qualità del prodotto tessile italiano e per creare un sistema di controllo sui prodotti importati. Per quanto riguarda gli strumenti tecnici è indispensabile costituire una banca dati aggiornata delle sostanze chimiche utilizzate nel processo produttivo del settore tessile, accompagnata da una valutazione dei rischi effettuata con modalità interdisciplinare da esperti della sanità e del tessile, al fine di trasferire le conoscenze riguardo alla valutazione del rischio anche al consumatore. Per fare ciò è indispensabile costituire un luogo di confronto nel quale sia possibile integrare tutte le necessarie informazioni, nel quale collaborino l'Istituto superiore di sanità, il laboratorio dell'unità «esposizione fisica e chimica» dell'Istituto per la salute e la protezione del consumatore (Joint Research Centre-JRC), la Direzione generale della Commissione europea, Ispra-provincia di Varese. In sostanza la presente proposta di legge prevede che un decreto del Ministro della salute individui:

          a) un'autorità sanitaria competente per i controlli e la vigilanza;

          b) una rete di laboratori di prima istanza accreditati e preposti al controllo da parte del privato che utilizzano per la loro attività un manuale di corretta prassi per l'autocontrollo predisposto dal Ministero della salute, sentite le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale del settore tessile e dei consumatori;

          c) un laboratorio nazionale di seconda istanza;

          d) un osservatorio nazionale per le reazioni avverse da prodotti tessili e le dermatiti da contatto.

      Va inoltre evidenziato come queste attività di ricerca e di monitoraggio sul piano sanitario e di prevenzione e tutela della salute possano fornire occasioni, se accompagnate da politiche industriali attive, di rilevanti innovazioni di prodotto e di processo nei sistemi della piccola e media impresa e nei distretti industriali.
      Il codice del consumo, di cui al citato decreto legislativo n. 206 del 2005, ha largamente affrontato i temi inerenti la tutela del consumatore riguardo alla sicurezza e qualità dei prodotti immessi in commercio; in particolare gli articoli da 102 a 113 si occupano, oltre che dell'ambito di applicazione e delle definizioni, degli obblighi del produttore e del distributore, della presunzione e valutazione di sicurezza, delle procedure di consultazione e coordinamento, dei controlli, delle disposizioni procedurali, della sorveglianza del mercato, della notificazione e scambio

 

Pag. 4

di informazioni, della responsabilità del produttore, delle sanzioni e del rinvio alle specifiche norme di settore che obbligano a specifici standard di sicurezza. La presente proposta di legge introduce alcune norme che il codice del consumo non prevede.
      L'articolo 1 stabilisce che la legge ha lo scopo di garantire la sicurezza dei prodotti tessili e dei loro accessori commercializzati nel territorio italiano. Le disposizioni in essa contenute si applicano ai prodotti tessili, come definiti dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, fatte salve eventuali disposizioni che regolamentano in modo specifico la sicurezza di tali prodotti. Si prevede altresì che ai prodotti tessili soggetti ai requisiti di sicurezza prescritti dalla normativa comunitaria si applichino le disposizioni contenute nella legge unicamente per gli aspetti e i rischi o le categorie di rischio non soggetti a tali requisiti.
      L'articolo 2 reca la definizione di prodotti tessili con riferimento all'articolo 2 del decreto legislativo n. 194 del 1999; reca altresì la definizione di accessori, ovvero quelli definiti dall'allegato 10 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni. Il comma 2 specifica che sono da considerare prodotti tessili ed accessori quelli destinati al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o suscettibili di essere utilizzati dal consumatore, anche se non a lui destinati, forniti o resi disponibili a titolo oneroso o gratuito nell'ambito di un'attività commerciale, indipendentemente dal fatto che siano nuovi, usati o rimessi a nuovo.

      L'articolo 3 si occupa delle procedure di consultazione e di coordinamento. Il Ministro della salute, sentiti i Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e della previdenza sociale, dell'interno, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, competenti per i controlli di cui all'articolo 4, provvede, con proprio decreto, a individuare quale oggetto della vigilanza il prodotto tessile definito non sicuro per la salute del consumatore e le relative sanzioni per i produttori, gli importatori e i distributori inadempienti. Il predetto decreto provvede inoltre: a individuare un'autorità sanitaria competente per i controlli e la vigilanza; a individuare una rete di laboratori di prima istanza accreditati e preposti al controllo da parte del privato che utilizzano per la loro attività un manuale di corretta prassi per l'autocontrollo predisposto dal Ministero della salute, sentite le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale del settore tessile e dei consumatori; a individuare un laboratorio nazionale di seconda istanza; a istituire un osservatorio nazionale per le reazioni avverse da prodotti tessili e le dermatiti da contatto e a disporre l'obbligo, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, della rintracciabilità dei prodotti tessili e degli accessori destinati al consumo. Gli operatori del settore tessile devono essere in grado di individuare chi ha fornito loro un prodotto tessile o qualsiasi accessorio destinati al consumo. A tale fine, detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo.
      L'articolo 4 istituisce i controlli che riguardano il produttore, l'importatore, il distributore e, in particolare, il responsabile della prima immissione in commercio nonché qualsiasi altro detentore del prodotto, qualora ciò sia necessario al fine di collaborare alle azioni intraprese per evitare i rischi derivanti dal prodotto stesso. L'articolo stabilisce altresì che sono soggetti a vigilanza per la tutela della salute pubblica i prodotti tessili e i loro accessori destinati al consumatore. Il Ministro della salute si avvale direttamente degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMA) e, tramite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali (ASL), per le attività di controllo e di prelievo. Le analisi di prima istanza dei campioni sono effettuate da laboratori nazionali accreditati e quelle di seconda istanza da un
 

Pag. 5

laboratorio nazionale allo scopo autorizzato. I dipartimenti di prevenzione delle ASL e gli USMA avviano le attività di ispezione e di prelievo su programmazione annuale del Ministero della salute e su attivazione del sistema rapido di allerta del RAPEX, di cui all'allegato II della direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, in coordinamento con l'Agenzia delle dogane e con il Corpo della guardia di finanza, secondo modalità stabilite con il decreto di cui all'articolo 3. Possono inoltre avviare le attività di ispezione e di prelievo su segnalazione degli operatori della catena distributiva delle associazioni dei consumatori e degli utenti. Nel caso di prodotti che presentano un rischio grave, il Ministero della salute, unitamente alle amministrazioni di cui all'articolo 3, intraprende le azioni necessarie tenuto conto delle linee guida che riguardano la gestione del RAPEX. I dipartimenti di prevenzione delle ASL e gli USMA adottano le misure necessarie tenendo conto del principio di precauzione e agiscono nel rispetto del Trattato istitutivo della Comunità europea, in particolare degli articoli 28 e 30, per attuarle in modo proporzionato alla gravità del rischio.
 

Pag. 6